Nel cuore del bosco, lungo la Via dei Patriarchi  di Angoli

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Piazza San Giuseppe ci accoglie con la consueta luce mattutina di fine ottobre. All’orizzonte, a ovest, si apre la piana di Santa Eufemia.
La luce ottobrina rischiara questo piacevole autunno inatteso, dove il sole illumina le case e i tetti di Angoli. Il paese pian piano si sveglia: portoni e finestre si aprono e l’intera comunità è pronta ad accogliere i visitatori, volti incuriositi che riempiono con le loro voci gioiose la scalinata della chiesa parrocchiale. Lo storico olmo abbraccia, da più di un secolo, la bella piazza antistante.

Gli escursionisti che oggi arrivano ad Angoli sono alla ricerca di luoghi poco battuti. Sanno che ogni passo rappresenta un modo per scoprire non solo nuovi orizzonti geografici, ma anche cultura, valori e tradizioni scavate nella memoria dei suoi abitanti.
Ascoltiamo le loro domande e rispondiamo alle loro curiosità, provando a raccontare questi luoghi: la genesi del paese e il forte legame degli angolesi con un territorio ricco e fertile di castagni secolari.
I nostri amici, camminatori per passione, spinti da un desiderio profondo di autenticità, evitano i sentieri turistici affollati per privilegiare percorsi meno conosciuti, dove la solitudine e il silenzio amplificano il contatto con la natura.

Attendiamo gli ultimi camminatori e ci raduniamo in attesa della partenza.
Siamo pronti. Un breve discorso di Giuseppe Paletta introduce il programma della giornata, organizzata in collaborazione con l’associazione Tommaso Mazzei, un sodalizio presente nel borgo da più di trent’anni. A suggellare la collaborazione, Edrevia dona alla “Tommaso Mazzei” la targa con la quale si inaugura la Via dei Patriarchi.

La mattina è chiara. Siamo pronti a godere di 13 km lungo gli antichi sentieri che conducevano l’operosa comunità di Angoli ai vasti boschi di castagni, fonte di sostentamento ed economia per questo territorio.
Partiamo da Piazza San Giuseppe, luogo d’incontro che ospita le tante manifestazioni pubbliche svolte durante tutto l’anno. Dopo poche decine di metri, ci affacciamo su via De Gasperi e i maestosi olmi che, con le loro larghe fronde, riparano dalla calura estiva chi vuole godere di quiete accompagnata da una classica briscola paesana.

Percorriamo un breve tratto della SP 83, strada di mezza costa che collega, un tempo come oggi, il paese con il piccolo abitato di San Michele. Dopo circa un chilometro e mezzo, mantenendo la destra, prendiamo il sentiero sterrato che si inerpica fino a giungere sul colle di Sant’Elia. Attraversiamo castagneti e tipica macchia mediterranea: corbezzoli e felci ci accompagnano lungo il cammino.

I nostri camminatori, affascinati dalla salubrità dei luoghi, percorrono la strada sterrata con passo leggero e scanzonato.
In autunno il bosco è un luogo sospeso tra realtà e sogno, un rifugio in cui la natura esibisce il suo vestito più sontuoso. Ogni passo affonda dolcemente in un tappeto di foglie appena cadute, che scricchiolano lievemente, narrando storie antiche al ritmo lento e inesorabile delle stagioni. Le chiome dei castagni si tingono di verde intenso, mentre qua e là il giallo e l’arancio accendono il paesaggio, come pennellate d’oro che risplendono alla luce tiepida del sole d’autunno.
L’aria è colma del profumo della terra umida e dei funghi, che sbucano dal sottobosco con forme e colori mutevoli, quasi fossero gioielli nascosti tra la vegetazione. La macchia mediterranea, con le sue felci e le ginestre, aggiunge note di verde brillante, resinoso, che contrastano col calore dei castagni, creando un mosaico cromatico di rara bellezza.

Giungiamo sul colle di Sant’Elia, che si staglia maestoso e brullo sulla piana di Santa Eufemia. Lamezia Terme si distende placida sulla pianura, mentre in alto si possono ammirare paesi e case sparse che punteggiano il monte Reventino.
Ai piedi del colle si apre un’ampia porzione del territorio di Serrastretta: si possono scorgere Migliuso, con la sua sagoma allungata, e l’accogliente abitato di Cancello.

A 700 m s.l.m., la vista è incantevole e cattura, in un’istantanea mozzafiato, il Mar Ionio e il Tirreno, i luoghi del mito che attrassero nobili e intellettuali nord-europei durante il Grand Tour. Tra questi, ricordiamo Friedrich Leopold von Stolberg, il quale, nel salutare queste terre, scrisse:
“Io abbandonai con commozione la più bella provincia della bella Italia, più vicina al sole che ama tutti. Essa è rinfrescata dai venticelli di entrambi i mari, dall’alto dei suoi monti, dai boschi ombrosi, dalle innumerevoli sorgenti…”
(Viaggio in Calabria / Friedrich Leopold von Stolberg, ed. Rubbettino).

La Via dei Patriarchi è uno scrigno di diversità paesaggistica e botanica: boschi, radure e campi coltivati si alternano con armonia.
Lasciamo il colle di Sant’Elia alle spalle e riprendiamo il cammino verso località Sprescia. Saliamo lungo un tracciato che attraversa orti ben curati; la quota aumenta fino a 900 m s.l.m. e lo sguardo è sempre attratto dal mare, visibile alla nostra sinistra. Da lì giunge una leggera brezza che accompagna l’incedere. Sul sentiero scorgiamo i ricci delle castagne: gusci spinosi e rotondi che proteggono frutti lucidi, pronti per essere raccolti. Ogni riccio aperto è una piccola meraviglia, un dono della terra che si schiude per offrire il proprio tesoro.

Per Edrevia, il trekking non è solo attività fisica, ma un’esperienza multisensoriale: osservare i dettagli della flora e della fauna, ascoltare i suoni del vento o il richiamo di un rapace in volo, sentire sotto i piedi la terra, le rocce o il tappeto di foglie multicolore.

La strada sale in modo costante. Non incontriamo grandi pendenze, e il passo è spedito. Incrociamo nuovamente la strada provinciale che conduce a Monte Condrò, ma noi ci fermiamo dopo circa 500 metri, in località Serre, dove ci accoglie una piccola chiesetta dedicata alla Madonna delle Grazie.
A questo punto il percorso si biforca. Manteniamo la sinistra e ci inoltriamo nuovamente nel bosco di castagni. Spinti dalla curiosità, ci dirigiamo verso il Patriarca, uno dei castagni secolari di questi monti: 400 anni di età, 10 metri di circonferenza e 2,5 metri di diametro.

L’albero ci dà asilo, e noi lo abbracciamo: la fatica del cammino è ben ripagata. Qui sostiamo brevemente, condividendo cibo e chiacchiere. Rinfrancati, ripercorriamo a ritroso i nostri passi fino alla biforcazione. Questa volta prendiamo la destra, verso Monte Portella. La vista spazia nuovamente da est a ovest: il percorso è pressoché pianeggiante e rimane intorno ai 1000 metri di quota. Lungo tutti i 3 km di strada interpoderale incontriamo coltivazioni di ortaggi autunnali.

Siamo a un punto di svolta: la meta è vicina, ma ancora non visibile. L’anello si sta per chiudere e Angoli ci aspetta, ansioso di mostrarsi nella sua veste più bella. I suoi abitanti ci accolgono calorosamente, con un pranzo luculliano preparato da sapienti mani.
Svoltiamo nuovamente a destra e prendiamo l’antica strada comunale che collegava Angoli a Serrastretta, percorsa fino a qualche decennio fa ma ormai dimenticata. Mancano poco meno di 4 km all’arrivo. La discesa è agevole; solo una ripida salita di circa 200 metri richiede un ultimo sforzo.

In località “Nivere”, troviamo il Signor Tonino Mazzei con i suoi castagneti ben curati e produttivi. Possiamo ammirare alberi storici, solidi come antiche colonne, che contribuiscono, con i loro frutti, a mantenere vive le tradizioni locali e le economie familiari.
In questo castagneto l’autunno è un rito sacro, un tempo di raccolta e gratitudine. Il paesaggio invita a rallentare, a percepire la ricchezza del momento, a respirare profondamente e a lasciarsi avvolgere da una magia quieta e vibrante.

Il Signor Tonino ci omaggia con prodotti tipici: caldarroste e un buon vinello locale. La sosta è gradita, un salto nel tempo che ci fa sentire rinfrancati.

Siamo viaggiatori nello spazio e viviamo il tempo in modo diverso: lontani dalla frenesia e dalla superficialità, apprezziamo la lentezza del cammino, dove ogni tappa diventa un’opportunità di riflessione e scoperta. Per noi camminare non è solo un mezzo per raggiungere una meta, ma un modo di vivere il viaggio stesso.

Da qui in poi, la strada è tutta in discesa. Attraversiamo nuovamente la macchia mediterranea e sporadici castagni. La strada sterrata si allarga e diventa più comoda. Incrociamo per l’ultima volta la provinciale.
Angoli ci aspetta. La festa, un anticipo della 33ª Sagra della Castagna, che la settimana successiva accoglierà tutta la comunità del lametino e del catanzarese, può iniziare.

Gli ultimi metri ci conducono alla “‘mpetrata”, l’affascinante scalinata che taglia in due il paese e permette di arrivare rapidamente in Piazza San Giuseppe. Le antiche vie aprono scorci inattesi: case aggrappate alla roccia occupano tutto lo spazio possibile, l’una accanto all’altra, rubando al giorno momenti di luce e calore. Siamo rapiti dal piccolo labirinto di case, portoni e scale; Dedalo, con il suo genio, non avrebbe potuto fare di meglio. Il paesaggio urbano è immutato da più di mezzo secolo, quando il paese brulicava di vita e operosità.

Il pranzo si tiene alla “‘mpetrata”. Ci raduniamo e la festa inizia. Un piatto di pasta caldo, fritti di ogni genere, abbondanti dolci e un buon bicchiere di vino rallegrano questa lunga giornata. È il momento della convivialità: i muscoli si riposano, e la mente ripercorre la Via dei Patriarchi con i suoi 13 chilometri di viste mozzafiato, alberi secolari, prati, orti coltivati e l’immensità del blu cangiante del Mare Nostrum.

La giornata è terminata. I nostri compagni di viaggio possono ora tornare alle loro case rinfrancati e carichi di emozioni e sensazioni. Abbiamo insieme ripercorso luoghi e tempi dal sapore antico. I patriarchi rimarranno in questi territori, pronti ad accogliere nuovi viaggiatori e a raccontare altre storie.

In questa tipica giornata autunnale, l’aria è densa di emozioni e le parole di Cardarelli risuonano con forza:
“Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino…”

(Vincenzo Cardarelli – Ottobre).

di Antonio Mancuso