Ogni territorio una storia, ogni storia un viaggio.

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Il nostro inizia dal Reventino, ultima propaggine e prolungamento occidentale della Sila piccola che si tuffa, con i suoi verdi intensi dei boschi e i bruni densi della sua fertile terra, nel blu oltremare del Tirreno che fu di Enea e, ancor prima, di Scilla e della ninfa Terina. Un territorio che ha attraversato i secoli e che ha saputo partorire feconda umanità.

Oggi siamo alla ricerca di radici e di consapevolezza, di ricordi e profumi, di memorie da recuperare e rinvigorire. Immersi negli uliveti storici del versante est lametino, tra Pianopoli, Feroleto e Amato, svolgiamo il filo del nostro gomitolo lungo le vie interpoderali che si dipanano dalla strada provinciale 84 e che collegano, oggi come un tempo, i centri abitati di Angoli, Migliuso e Cancello. Un percorso antico che permise secoli fa, alle prime famiglie di Serrastretta, di avere fertili terreni dai quali ricavare sostentamento ed economie.

Il nostro cammino inizia da loc. Catena, seguiamo la SP84 e la nostra vista si apre verso l’imponente muro del monte Condrò e del Reventino che si tuffano, ad ovest, nel golfo di Sant’Eufemia e, ad est del Monte Tiriolo che si impone, con la sua riconoscibile sagoma, sulla valle del Corace e sul mar Ionio.
Il nostro sguardo viene subito rapito dal centro abitato di Angoli, borgo che ha la peculiare caratteristica di poter abbracciare con un solo sguardo l’istmo di Catanzaro.
Il paese, come un piccolo gheppio dal bel piumaggio bruno che dal suo nido scorge l’intero paesaggio, ci richiama alla mente le parole di Aristotele il quale, nella sua Politica, scrive: “Raccontano i dotti che uno degli abitanti di quella terra, un certo Italo, diventò re dell’Enotria, che dal suo nome, mutato l’antico, si chiamarono Itali invece di Enotri, e che da lui prese la denominazione d’Italia tutta quella penisola d’Europa compresa tra i golfi Scilletino e Lametico, i quali distano tra loro mezza giornata di viaggio”.
Da Angoli, dall’alto dei suoi 750 m. s.l.m, nelle terse giornate d’inverno, si scorgono chiaramente le Eolie e l’Etna fumante.

Manteniamo la destra e scendiamo verso loc. Valente, al nostro incedere fanno da cornice gli ordinati uliveti dalle tinte argentate della varietà carolea, piccoli vigneti per il consumo familiare, macchia mediterranea e ampie porzioni di fondi agricoli coltivati ad ortaggi ed intervallati da giardini di agrumi. Seguiamo il canale irriguo e giungiamo a Cancello, centro di nuova fondazione, dinamico e vitale, edificato su un ampio pianoro che dolcemente declina verso la piana lametina. Da qui ci inoltriamo verso loc. Colamazza e Mazzisi tra piccoli poderi ben mantenuti. Manteniamo sulla nostra destra in alto l’abitato di Migliuso, seguiamo la vecchia strada interpoderale in loc. Trecchia e Ferola ed entriamo in ampi sughereti, fonte di lavoro fino a qualche decennio fa, che poi, con l’aumentare delle altimetrie si trasformano, senza soluzione di continuità, prima in terreni coltivati ad ulivo e poi in querceti e castagneti.
Dopo qualche chilometro di ripida salita, giungiamo a Migliuso,
sette-ottocentesco borgo che ospita, maestosamente affacciata su Piazza Immacolata, la chiesa omonima con la sua facciata in caratteristica lavorazione a “rapilli” e, disseminati lungo la via principale, begli esempi di architettura civile e militare, edificata per accogliere le famiglie e i piccoli proprietari che da Serrastretta arrivavano per coltivare ulivi, viti e gelsi.
Migliuso si distende sul crinale centrale tra Valente e Ferola con i loro uliveti secolari; lungo l’unica via che attraversa il paese si affacciano case e balconi e si diramano le caratteristiche “rughe” calabresi, strette viuzze e piccoli slarghi abitati, un tempo, da nuclei familiari uniti da vincoli di parentela.
Il nostro arrivo è presso il vecchio casale di “Don Rico” che, circondato da una importante cinta muraria, permette di abbracciare con un solo sguardo l’intera piana di Sant’Eufemia.
A raccontarci la genesi del paese e dell’imponente struttura che ci ospita – lascito di Alfonso di Aragona – troviamo Pino Della Porta, appassionato di storia locale che, con dedizione, mantiene viva la memoria del borgo.

Tutto ciò è il nostro “orizzonte degli eventi”, una volta entrati non potremo più uscirne. Questa magia avviene in tutti i paesi della Calabria, la forza di attrazione è più forte del senso di vuoto e repulsione che spesso, nei lunghi inverni, ci assale e pervade la nostra anima.
Così forte è il senso di ritorno ai luoghi natii da riuscire a farci superare le distanze che, da generazioni, siamo costretti a frapporre tra noi ed essi.

E ci tornano in mente i versi foscoliani “Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra” e, allo stesso modo, le delicate parole del nostro illustre conterraneo Franco Costabile risuonano nello scrigno della nostra memoria:

Calabria,
casa sempre
aperta.
Un arancio
il tuo cuore,
succo d’aurora.

Parole profonde e nostalgiche per noi calabresi.

di Antonio Mancuso